La dimensione quotidiana delle cose traslata in un'altra dimensione, quella delle sensazioni, delle suggestioni, delle visioni. Una dimensione che, naturalmente, presuppone uno spazio e un tempo entro i quali far vivere l'evento; uno spazio ed un tempo che siano la chiave di lettura e di interpretazione dell'immagine; ecco che nasce così l'idea di collocare gli oggetti/soggetti in un elemento, in un costituente fondamentale, in una parte del tutto che meglio di ogni altra sostanza sia in grado di coniugare il luogo ed il tempo: la sabbia era il luogo, il cielo era il tempo. Ecco trovata la dimensione cercata: tra cielo e terra! Il luogo è un deserto, forse, anzi, una spiaggia, una riva. La riva (o il deserto) diventa così il luogo dove vengono depositate le nostre paure, le nostre ansie; ed ogni cosa, ogni oggetto assurge a simbolo d'un profondo travaglio interiore che il nostro inconscio lascia affiorare come monito e testimonianza fino a che dal mare, dal cielo sopra il mare o dall'altra sponda (ma, c'è un'altra sponda?) riaffioreranno i segni di un'altra speranza, di un'altra chimera, di un'altra utopia.