Sin dall’iniziale vagito e, forse, ancora prima, ogni essere umano comincia il proprio viaggio nella vita alla ricerca del significato dell’esistenza. Un viaggio il cui itinerario da seguire, diverso per ciascuno, è già tracciato. Per vivere quest’umana avventura, perciò, non resta che seguire pedissequamente le indicazioni, senza doverci allontanare troppo; la mèta del viaggio, infatti, è già raggiunta, basta scoprirla, perché è già dispiegata ai nostri piedi, incisa, più che scritta, su una grigia mappa d’asfalto. Sotto le suole delle nostre scarpe, infatti, sta, svolto, il bituminoso atlante dove sono impressi gli inconfondibili ideogrammi dei toponimi del percorso e, infine, il topos stesso del viaggio: l’infinito paesaggio della mente dove cercare, e trovare, forse, il senso della vita.
Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente.