La luce squarcia la nera tenebra del cosmo con bagliori ancestrali, residui di radiazioni primordiali, disegnando graffiti infuocati e puntiformi strutture che la mente trasforma in varchi immaginari attraverso i quali viaggiare per altre dimensioni e nuovi mondi, dentro e fuori di noi, lacerando anche la cupa e spessa tela che ricopre il nostro inconscio.
Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente.